Coronavirus: un vaccino funziona negli animali. Burioni: «Questa è davvero una bella notizia. La migliore che potevamo ricevere»

«È appena stato pubblicato un lavoro che dimostra come, usando uno degli approcci “classici” in ambito vaccinale, sono stati ottenuti ottimi risultati in modelli animali. Troppo poco per poter esultare in modo definitivo, ma tanto per guardare con ancora più fiducia al nostro futuro prossimo».
Così il virologo Roberto Burioni in un articolo sulla rivista online da lui fondata e diretta, “Medical Facts”.
«Questa è davvero una bella notizia. Ma proprio bella. La migliore che potevamo ricevere», ha commentato il medico.
Una delle esperienze più comuni della vita è che anche cose brutte hanno qualcosa di bello (e viceversa). Nel caso di molte malattie infettive, come per esempio il morbillo, al brutto della febbre, il mal di testa, la tosse e via dicendo segue un risultato molto positivo: la protezione dalla malattia vita per tutta la vita. Infatti di morbillo ci si ammala una volta sola, e poi si è immuni per sempre. Vaccinare, dunque, significa in un certo senso mettere un paziente nelle condizioni di chi si è ammalato ed è guarito senza fargli correre i rischi e i disagi causati dalla malattia», ha spiegato Burioni.
Proprio ieri – si legge nell’intervento del virologo – «è stato pubblicato in una delle più serie riviste del mondo (Science, che mantiene il suo prestigio pur avendo dedicato un articolo anche allo scrivente nel gennaio scorso) il risultato del lavoro di alcuni scienziati cinesi».
«Sono andati poco per il sottile» – ha spiegato Burioni – hanno fatto crescere il coronavirus in laboratorio, l’hanno purificato e l’hanno inattivato con una delle metodiche tradizionali già utilizzate in passato. Poi l’hanno messo alla prova prima in topi e ratti e infine in dei macachi, animali che, come è facile comprendere leggendo i social media in questi giorni, sono vicini all’uomo».
« Ebbene i risultati sono stati ottimi: non solo i vaccini non hanno dimostrato alcuna tossicità, ma hanno fatto produrre ai macachi una quantità molto alta di anticorpi neutralizzanti (quelli che – contenuti nel plasma dei guariti – potrebbero essere utili per la guarigione)», ha osservato Burioni.