L’infettivologo Bassetti: «Bisogna vivere con un po’ di tranquillità senza l’ansia e il terrore. In spiaggia con un metro o un metro e mezzo di distanza non c’è rischio di contagio»

«Attenzione ai nostri politici e governanti, a volte si fanno prendere la mano e pensano di fare il nostro mestiere. Lo lascino fare ai medici e ai tecnici, e loro prendano le decisioni politiche».
Queste le parole del direttore dell’Unità operativa della clinica malattie infettive al Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, al programma televisivo ‘Agorà’ su Rai3.
«La fase 2 secondo me dovrebbe accomunarci tutti, è importante non andare disuniti e slegati. E’ chiaro che Liguria, Veneto, Toscana e Emilia Romagna hanno molte coste e occorrerà far sì che le persone tornino sulle spiagge nella massima sicurezza. Il distanziamento sociale rimane la misura più importante da osservare. Sento parlare di 3 o 4 metri, ricordiamoci che il virus può contagiare in uno spazio molto piccolo, quando abbiamo un metro o un metro e mezzo, se proprio vogliamo per sicurezza due metri, non ci sono rischi di contagio. Quando questa distanza non si può ottenere, si devono usare le mascherine», ha affermato l’esperto.
«Serve fare chiarezza, leggo sui giornali che il problema che abbiamo avuto con le mascherine riguarda adesso i guanti. Non servono a nulla se si va in spiaggia, o se si porta a spasso il cane, come qualcuno ha detto in modo sbagliato. Possono servire al supermercato quando scegli la frutta o gli alimenti, servono a medici e infermieri, o a chi lavora dietro il banco alimentare nel momento in cui si maneggiano i cibi ma attenzione a dire alla gente dei guanti. Noi non abbiamo capacità produttiva per produrre milioni di guanti».
In merito al legame fra acqua e virus, il medico ha affermato che «Succede come con ogni altro microrganismo, in acqua il virus, è evidente, non potrà avere una quantità di forza infettante, non c’è problema. Vale il discorso di una goccia nel mare, anche se uno lo elimina in acqua, il mare è così grande che non ci saranno problemi di infettarsi, e ciò è valido non solo per il coronavirus ma anche per ogni altro tipo di virus».
Per quanto riguarda i condizionatori «Occorre fare la manutenzione degli impianti e dei filtri, ad oggi non vi sono evidenze: il problema era venuto fuori sulla famosa nave in Giappone, ma in quel caso c’erano sistemi chiusi, non attrezzati per gestire un’epidemia interna alla nave. Dobbiamo essere tranquillizzanrti sui sistemi di aria condizionata sennò si vive nel terrrore. Chi lo ha sparso ha sbagliato…», ha aggiunto.
Si parla di sanificazione dei vestiti nel negozio di abbigliamento. «Sulle superfici il virus vive qualche giorno, di solito meglio su quelle plastiche e rigide. Guardi, io lavoro in un reparto di malattie infettive, quando torno a casa non metto sempre tutti i miei abiti a lavare, li ripongo nell’armadio e mi metto il pigiama… Bisogna vivere con un po’ di tranquillità senza l’ansia e il terrore che ormai attanaglia buona parte degli italiani», ha affermato l’infettivologo.
Riguardo all’app Immuni l’esperto ha spiegato che «L’app è importante perché se si verificassero nuovi casi finite la fase 2 e 3 sarebbe importante capire con chi hanno avuto contatti nei 14 giorni precedenti, per “quarantennarli”. E’ evidente che se si utilizzano certi sistemi elettronici noi non siamo la Cina, ne va della libertà personale. Noi medici saremmo contenti che l’app funzionasse, però sappiamo anche che certe leggi sulla privacy non possono essere infrante. Per quanto riguarda la quota del 70% da raggiungere, non so da dove venga questa idea, l’app deve avere il 100 per cento, altrimenti non serve: se non traccia tutti, il calcolo delle probabilità ascia scoperto un altro 30 per cento. Se si decide di portarla avanti bene, deve funzionare su tutti, sennò troveremo altri sistemi. Quando siamo di fronte a un caso di meningite meningococcica si risale ai contatti avuti dalla persona colpita, per poi avviare la profilassi. Si useranno metodi tradizionali come questo».