Coronavirus, l’infettivologo Massimo Puoti: «Il numero dei casi è almeno tre volte più alto»

«Il numero dei casi è almeno tre volte più alto. Ma la mortalità cinese può essere anche quella dovuta a stime sbagliata, forse la mortalità vera è quella che vediamo dove hanno fatto i tamponi a tutti, per esempio in Corea. Quindi se andiamo a vedere la mortalità coreana che credo sia attorno all’1 per cento, se non più bassa, vuol dire che noi prendiamo il numero dei morti, lo moltiplichiamo per 100 e abbiamo il numero dei casi totali. La politica di esecuzione dei tamponi anche in Italia non è omogenea. Questo è sicuramente un dato sul quale possiamo riflettere, quindi anche i dati italiani sono eterogenei da una regione all’altra. A Vo’ Euganeo hanno visto benissimo la dinamica dell’epidemia, ma questo non è stato possibile farlo soprattutto in quelle regioni come la Lombardia dove il numero dei pazienti era talmente alto che non si è riusciti a fare il contact tracing, cioè a rintracciare chi era infetto e chi no».
Lo ha detto l’infettivologo Massimo Puoti, direttore della Struttura complessa di Malattie infettive dell’ospedale Niguarda di Milano, in un’intervista al quotidiano online Fanpage.it.
Un’altra spiegazione per l’elevata letalità? «In Italia la popolazione con più di 65 anni è il doppio di quella cinese. Mentre in Cina è l’11 per cento della popolazione in Lombrdia è il 23 per cento. In più secondo me la popolazione di età più avanzata ha un numero di patologie concomitanti più alto dei pari età cinesi. Cioè l’80enne italiano presumibilmente ha un numero di patologie concomitanti – pressione alta, il cuore, il diabete – più alto dell’80enne cinese. E la mortalità è tanto più alta quanto più una persona, oltre a una certa età avanzata, ha più patologie. Questo è l’effetto collaterale di un buon sistema sanitario che riesce a curare chi ha più patologie croniche, lo tiene in vita e lo riesce a curare in una maniera migliore rispetto ad altri sistema», ha spiegato Puoti.