Demenza, i calciatori hanno un rischio più alto di ammalarsi. Ecco come evitare danni

“I calciatori professionisti hanno un rischio più elevato di sviluppare demenza o Alzheimer”.
Lo dice un recente studio, condotto da Daniel F. Mackay dell’Università di Boston e dal suo team, pubblicato sul New England Journal of Medecine, finanziato dalla Federazione calcistica inglese (Fa) e dalla Professional Footballers’ Association.
La causa dell’alto rischio di demenza sarebbe da attribuire ai ripetuti colpi in testa a cui sono esposti i professionisti del pallone nel corso della loro carriera.
Tuttavia secondo il dottor Paolo Milia, responsabile area Alta Complessità Neuroriabilitativa e Robotica dell’Istituto Prosperius, non bisogna creare allarmismi. “Smettere di fare sport sarebbe del tutto sbagliato”, afferma in un’intervista a Fortesano.it. “Si tratta di uno studio epidemiologico e per di più retrospettivo.
Dobbiamo aspettare studi prospettici per avere risultati con una maggiore attinenza alla realtà”.
Dottor Milia come spiega questo fenomeno?
“Mackay e colleghi nello studio pubblicato sul NEJM in ottobre di quest’anno, hanno analizzato circa 7.000 calciatori professionisti incrociandoli con più di 23.000 soggetti presi in una coorte generale.
I ricercatori hanno notato che i calciatori morivano per patologie neurodegenerative in una percentuale più significativa rispetto al gruppo di controllo.
Inoltre hanno messo in evidenza come i farmaci per la cura di patologie demenza-relate fossero prescritti in maniera statisticamente superiore rispetto al gruppo di controllo. Questa osservazione è possibile se inseriamo il calcio nei cosiddetti sport da contatto.
Il meccanismo alla base del deficit neuro cognitivo come ad esempio ‘l’encefalopatia traumatica cronica’ sarebbe infatti dovuto ai ripetuti colpi di testa cui un calciatore ‘professionista’ è sottoposto.
Ulteriori studi necessitano conferme a questa ipotesi che non può e non deve essere applicata al calcio amatoriale e ricreativo, che rappresenta lo sport più praticato in Italia e in tutto il mondo”.
Cosa si dovrebbe fare per prevenire fenomeni di questo tipo, smettere di giocare a calcio?
“Non possiamo e non dobbiamo creare allarmismi soprattutto in relazione a studi epidemiologici e per di più retrospettivi.
Dobbiamo aspettare ricerche prospettiche per avere risultati con una maggiore attinenza alla realtà.
Smettere di fare sport sarebbe assolutamente sbagliato.
Uno degli aspetti che ha evidenziato il lavoro di Mackay è che la mortalità per patologie coronariche e altre patologie comuni è ridotta per chi fa sport a livello professionale.
Per evitare rischi bisogna adottare il principio fondamentale che regola qualsiasi attività sportiva: la prevenzione.
Per prevenzione intendiamo una corretta preparazione soprattutto in età giovanile, la conoscenza delle regole, il rispetto per il proprio corpo e per quanto riguarda la disciplina medica, adottare gli strumenti preventivi che permettono di riconoscere in tempo eventuali danni legati all’attività sportiva”.