Dipendenza da smartphone, sempre più comune: la psicologa spiega come combatterla

Andare nel panico se non si ha il proprio cellulare a portata di mano è uno dei segnali che indica una dipendenza da smartphone.
È diventato un vero problema sociale ed è stato analizzato da uno studio pubblicato sulla rivista Bmc Psychiatry.
Secondo gli autori della ricerca, membri del King’s College di Londra, il disturbo riguarderebbe in particolare gli adolescenti. Questi, infatti, non riuscirebbero a “controllare” la quantità di tempo trascorsa con il loro dispositivo in mano.
Per gli esperti il fenomeno potrebbe avere conseguenze, oltre che sulla psiche, anche sulla vita quotidiana e sociale. “Il paradosso è che il telefono, che normalmente serve per avvicinarci agli altri, ormai è diventato un mezzo che allo stesso tempo ci allontana”, spiega in un’intervista a Fortesano.it la dottoressa Fiammetta Favalli, psicologa e psicoterapeuta.
La ricerca del King’s College ha dimostrato inoltre che gli individui esaminati avrebbero anche una predisposizione alla depressione, all’insonnia, con un conseguente scarso rendimento scolastico.
Dottoressa Favalli, ci può spiegare come si diventa dipendenti dallo smartphone?
“La tecnologia con il suo sviluppo ha causato un allontanamento degli individui dalla vita sociale sempre più crescente.
Grazie allo smartphone, per esempio, abbiamo tutto a portata di mano e troviamo quello che ci serve online. I nuovi apparecchi ci danno la possibilità di non doverci spostare, così in automatico ci si allontana dagli altri.
Allo stesso tempo, però, questi mezzi di comunicazione sono utili per il nostro lavoro e indispensabili per le emergenze.
Tuttavia il problema è che non se ne fa più un giusto uso. Anzi, lo smartphone è diventato per molti una distrazione”.
Possiamo considerarla una vera e propria dipendenza?
“Sì. Lo confermano numerose ricerche condotte negli ultimi anni.
È stato dimostrato che gli effetti provocati da un eccessivo utilizzo dello smartphone sono gli stessi che si verificano in un individuo dipendente da altre sostanze.
Sono tante le persone che, ormai, non riescono più a vivere senza il telefono accanto”.
Quali sono questi effetti?
“La conseguenza più immediata è il peggioramento dei rapporti sociali e della qualità della vita stessa.
È stato coniato il termine di phubbing nato dalla fusione delle parole ‘phone’ (telefono cellulare) e ‘snubbing’ (snobbare) che si riferisce all’atto di ignorare o trascurare il proprio interlocutore in un contesto sociale, mentre si è concentrati sullo smartphone.
L’altro termine utilizzato in questi casi è quello di nomofobia che indica la paura patologica sproporzionata di non avere il contatto con il telefonino.
Si può parlare di nomofobia quando una persona prova una paura sproporzionata al punto da sperimentare effetti fisici collaterali simili all’attacco di panico come mancanza di respiro, vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico, nausea.
Secondo gli studi, la dipendenza dallo smartphone (e da internet) sarebbe collegata, paradossalmente, alla paura di essere esclusi dagli altri e alla perdita di autocontrollo.
Il fatto di stare sempre a contatto con il cellulare in qualche modo alimenta la voglia di continuare a usarlo. Non ci si accontenta. Si hanno i sintomi di una vera e propria astinenza”.
Secondo lei quali sono le persone più colpite dalla dipendenza?
“Ormai ne sono colpiti quasi tutti, più o meno. In genere però le persone che tendono a stare sempre attaccate allo smartphone sono quelle con poca autostima e che hanno difficoltà con le relazioni sociali”.
Quali sono le cause?
“Osservare i dispositivi elettronici sviluppa la produzione della dopamina. Questo succede perché, per esempio, il cellulare ha dei colori che ne invogliano il suo utilizzo.
La dopamina è un neurotrasmettitore che regola il circuito cerebrale della ricompensa. In pratica incoraggia a svolgere attività che danno piacere. Per esempio con un avviso di notifica subito si attiva il livello di dopamina. Perché c’è qualcosa da vedere che forse può essere soddisfacente. Questo sistema genera l’impulso di controllare continuamente il cellulare”.
Cosa si può fare per combattere la dipendenza da smartphone?
“Ogni individuo dovrebbe imparare a regolare il tempo in cui usa l’apparecchio, bisognerebbe imporsi delle regole.
Per esempio sarebbe meglio spegnere lo smartphone durante le riunioni, evitare di metterlo sul tavolo quando si sta in qualsiasi posto.
Esistono anche delle App che servono per evitare un uso eccessivo del proprio dispositivo e possono essere utili nella gestione del tempo”.
Quali sono i rischi a cui si va incontro?
“Uno dei rischi è che lo smartphone diventi un oggetto su cui canalizzare uno stato di disagio (affettivo, relazionale, lavorativo) e che acquisti più importanza della vita reale.
Le prime parti del corpo ad essere colpite, oltre alla vista, sono il collo e la cervicale. Con una postura non corretta, la pressione del capo verso il basso può influenzare negativamente umore e comportamento, dando luogo a stati di ansia, depressione, isolamento e disturbi della memoria”.