Cervello e obesità, lo studio: «Le donne sanno resistere meno al cibo rispetto agli uomini»

Il gentil sesso fa più fatica a resistere al cibo.
È quanto emerso da uno studio condotto su un campione di donne con un’età media di circa 74 anni, dai ricercatori del Policlinico San Donato, dell’Università Vita-Salute San Raffaele, dell’Ospedale San Raffaele di Milano e dell’Università degli Studi di Milano.
I risultati, pubblicati sulla rivista Aging, mostrano come il metabolismo cerebrale e i meccanismi con cui si riceve gratificazione dal cibo sarebbero diversi nel cervello di una donna rispetto a quello maschile.
In particolare lo studio mette in evidenza le differenze specifiche legate al genere nel rapporto tra indice di massa corporea, metabolismo e connettività cerebrale: le donne ingrassano con meccanismi cerebrali diversi dagli uomini.
“Da anni sappiamo che la percentuale di popolazione obesa è più alta nelle donne che negli uomini”, fa sapere in un’intervista a Fortesano.it Livio Luzi, responsabile dell’area di Endocrinologia e Malattie Metaboliche dell’IRCCS Policlinico San Donato e ordinario di Endocrinologia presso il dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano.
Luzi fa parte dei ricercatori che hanno condotto lo studio e spiega che il prossimo passo sarà quello di analizzare l’incidenza del fenomeno nelle donne più giovani. “Dobbiamo approfondire il discorso e verificarlo nelle donne in premenopausa”, afferma.
Dottore, perché è stato condotto lo studio?
“Da anni sappiamo che nel mondo ci sono più donne con problemi di obesità rispetto agli uomini.
Secondo i dati Statunitensi (NHANES-National Health and Nurition Examination Survey), l’obesità femminile – in particolare le forme più gravi – è del 38 per cento, rispetto al 34% dei maschi.
Partendo da questo presupposto negli ultimi anni i ricercatori si sono attivati nella ricerca specifica per capire da cosa derivi questa differenza di genere.
La cosa più semplice da ipotizzare è che ci sia una differenza ormonale.
I nostri dati però non danno una prova completa, perché la ricerca è stata fatta su una fascia di popolazione anziana, con donne di età media superiore ai 70 anni”.
In che modo è stata fatta la ricerca?
“Per realizzare il nostro studio abbiamo utilizzato dei dati presenti su un database mondiale, in particolare quelli di una ricerca sulla diagnosi di Alzheimer. Per questo motivo la fascia di età che abbiamo analizzato riguarda le persone di oltre 70 anni, come età media.
Ovviamente abbiamo preso in considerazione gli individui perfettamente normali dal punto di vista cognitivo.
Abbiamo selezionato i dati adatti al nostro studio e abbiamo effettuato le analisi statistiche necessarie”.
Dalle vostre analisi cosa è emerso?
“È stato dimostrato che c’è un’alterato metabolismo cerebrale della corteccia orbitofrontale (prevalentemente nell’emisfero anteriore destro) nelle femmine, di oltre 70 anni di età media, in quelle aree del cervello che regolano la fame volontaria, detta edonica.
Sono state riscontrate anche alterazioni nella corteccia frontopolare e nell’insula destra.
Questo fa ipotizzare che nelle donne siano più efficaci i trattamenti che inibiscono la fame edonica.
Esistono infatti due tipi di fame, diversi in base a due meccanismi che la regolano.
La prima è quella edonica, che è legata alla nostra volontarietà, ai processi di ricompensa e al piacere di nutrirsi. (Es. non riesco a smettere di mangiare la torta cioccolato, ne prendo un’altra fetta perchè mi piace quel tipo di alimento e ‘mi fa sentire meglio’ – concetto della ricompensa da cibo).
L’altra è la fame metabolica, quella che abbiamo quando siamo a digiuno. Quando scendono i livelli di glicemia e c’è un calo di zuccheri”.
Quali saranno i vostri prossimi passi?
“Considerare una fascia di età più giovane.
L’analisi dovrà essere riconfermata con un protocollo ad oc in donne più giovani. Ci interessa studiare le donne prima della menopausa, perchè lì dovrebbe esserci una maggiore differenza di genere, per motivi ormonali”.