«Le intolleranze alimentari non esistono». Attilio Speciani e la relazione infiammatoria tra cibo e salute

“Basta parlare dei cibi come nemici, è sbagliato. Le intolleranze alimentari non esistono”. Lo afferma in un’intervista a Fortesano.it Attilio Speciani, medico specializzato nella cura delle infiammazioni da cibo.
Speciani ha scritto un libro in merito e da più di 40 anni si occupa della relazione tra alimentazione e infiammazione. “Non si dovrebbe parlare di intolleranze ma di infiammazione correlata a ciò che mangiamo”, spiega.
Speciani è docente Master Nutrizione all’Università di Pavia e sostiene che ogni alimento sia fusione dell’energia del sole, della terra, degli animali ecc. Per questo, secondo lui, è sbagliato fare delle privazioni, quindi rinunciare a certi alimenti. “Bisogna reintrodurre il cibo, serve una riacquisizione della varietà alimentare”.
Quale è la sua tesi?
“Partiamo da un esempio. In Europa abbiamo patologie instestinali importanti, come quella di Crohn, legate ad un uso eccessivo di glutine, di lievito e latticini.
La stessa malattia, con il medesimo tipo di caratteristiche e biopsia, in Cina dipende da riso, soia e mais. Questo significa che non è né colpa del glutine né del riso!
Il problema – invece – deriva da una modalità ripetitiva e sistematicamente continuativa dell’introduzione alimentare.
Sin dal 2007 è stato definito in modo scientifico il fatto che in realtà le persone che dicono di avere dei sintomi quando mangiano determinati cibi, possano avere all’interno del loro organismo la crescita di alcune sostanze infiammatorie.
Una di queste, che oggi si conosce bene, il BAFF, è fortemente correlata col sistema immunitario e esprime uno dei meccanismi difensivi dell’organismo. Il BAFF è infiammatorio e genera tutti i sintomi correlati al cibo”.
Ci sono degli studi che lo dimostrano?
“La percezione di una relazione diretta tra ciò che si mangia e numerose malattie o disturbi ha ricevuto conferme precise nel corso degli ultimi anni.
Nel 2007 è stato confermato che il BAFF si alza nell’organismo quanto un cibo determina sintomi percepibili.
Nel 2011 la Harvard Medical School ha definito che una scorretta combinazione di proteine e carboidrati in ogni pasto può creare infiammazione.
Nel 2017 è stato dimostrato, sul piano scientifico, che il 62% delle reazioni infiammatorie o allergiche di cui non si comprende la causa possono dipendere da eccesso di zuccheri.
Per chi sostiene di avere aria nella pancia, non si tratta di intolleranza ma di infiammazione legata al cibo. Queste sostanze infiammatorie possono essere curate e studiate”.
Quale è la soluzione?
“Su una situazione di questo genere una persona può essere rieducata e può guarire. Proprio come può fare una mamma con lo svezzamento di un bambino.
Per cui quando esistono dei sintomi, si ricreano situazioni fisiologiche di rapporto con il cibo e che sono legate semplicemente a una modalità alimentare in cui c’è quello che prevede l’OMS. Una dieta varia e completa a cui io aggiungo una varietà di alimenti”.
Gli studi scientifici consentono di vedere il cibo come una cosa da reintrodurre e quindi non come un nemico.
Il problema è che le persone dicono ‘ho la colite da 10 anni’, trovano un sintomo legato al glutine, lo eliminano completamente dalla loro dieta e nel giro di sei mesi sviluppano di nuovo gli stessi sintomi perché si mettono a mangiare solo riso, per esempio.
La giusta soluzione è mangiare una varietà di prodotti, non sempre lo stesso.
Quando si generano problemi di questo tipo, con situazioni di infiammazione alimentare, la dieta più stretta prevede 7 pasti diversi. Serve quindi una riacquisizione della varietà alimentare.
I giorni in cui si fa astensione da un determinato prodotto occorre farla al 100 per cento. Se non bevo latte quel giorno, devo evitare anche i formaggi.
La varietà nutrizionale è ciò che consente la massima produzione di antiossidanti che permettono di difenderci da varie malattie”.